Uno degli Statement più preziosi l’ho appreso da Vern Gambetta tramite Bill knowles: “words create images and images create action”. Le parole creano immagini e le immagini creano azioni.
Diviene essenziale quindi, utilizzare solo parole che rappresentino in modo corretto ciò che si vuole comunicare.
In Italia, il mondo dell’allenamento degli sport di squadra, e non solo, sta attraversando un periodo di grande difficoltà, una confusione determinata probabilmente anche dall’assenza di figure importanti che nel passato sono state un riferimento nel nostro settore.
Sarebbe utile riflettere se la “Preparazione Atletica”, o il “Preparatore Atletico” siano parole corrette per definire la materia e il Professionista. Per definizione associamo la parola Atletica con la disciplina sportiva, e ne consegue la tendenza ad utilizzare un approccio basato su un modello prestativo completamente opposto rispetto agli sport di squadra. Un esempio, è ritenere utile nel calcio la “speed endurance” (Resistenza alla Velocità) oppure il miglioramento della “soglia anaerobica”. Principi metodologici chiave SOLO in discipline cicliche di endurance, a differenza di quelli a natura intermittente.
In USA esiste l’Athletic Development e l’Athletic Development Coach, generalmente hanno un riferimento a livello giovanile, in cui l’obiettivo è di costruire le qualità fisiche del soggetto, Competenze nei Movimenti, indipendenti dallo sport, a lungo termine. I giocatori / atleti da adulti quindi, avranno un background motorio tale da potersi focalizzare maggiormente (non unicamente) sui pattern di movimento della propria disciplina (sia in campo che fuori).
In Italia spesso viene a mancare questo “investimento” di risorse e di tempo a livello giovanile, trovandoci con giocatori adulti senza i giusti presupposti motori, ridotte Competenze di Movimento, con un divario che difficilmente si riuscirà a compensare nel tempo, soprattutto con stagioni sportive ricche di competizioni.
Sarebbe piú opportuno applicare la “Preparazione Atletica” solo alla disciplina “Atletica Leggera”, lo “Sviluppo Atletico” (traducendo Gambetta) a livello Giovanile, infine la “Preparazione per la Performance” per gli Adulti Professionisti.
Tuttavia la realtà presenta scenari molto differenti, spesso vi é una ridotta valutazione del constesto in cui si lavora (ambiente e livello dei giocatori) applicando metodi invece di ragionare in termini di sistemi.
Il metodo si basa sulla procedura mentre il sistema si basa sul piano. In altre parole, le procedure determinano i metodi, mentre il sistema è interamente basato sui principi.
Condividendo i pensieri di altri colleghi, risulta che il problema è l’iper specializzazione precoce nel giovane calciatore, dovuto principalmente alla mancanza di tre aspetti:
1) Assenza totale di strutture indoor adeguate e tempo a disposizione da “investire” per creare un atleta completo. Questo limite viene a presentarsi soprattutto d’inverno quando non é possibile svolgere lavori in campo
2) Totale assenza di rivoluzione culturale/tecnica/pratica nella creazione di preparatori “nuovi” (come avvenuto nel basket grazie al Prof. Colli ormai 15-20 anni fa) in grado poi di portare avanti un certo tipo di lavoro che permetta, una volta in prima squadra, di poter somministrare ad un giocatore anche le alzate olimpiche (per esempio) in sicurezza perché già apprese in età giovanile.
3) A livello di prime squadre non sempre si investe sulle figure professionali e la carenza di mano d’opera operativa sul campo impedisce di fare l’unica cosa ovvia … ovvero personalizzare il lavoro in base alle necessità/capacità del singolo giocatore. Servirebbe quindi sia una figura in campo connessa con il lavoro dell’allenatore, sia un professionista specializzato sulla stesura di programmi individualizzati.
Direttore Didattica e Ricerca APF
Head of Performance Philadelphia Union II
Laurea Specialistica in Scienze e Tecniche dello Sport, Preparatore Professionista, CSCS