L’indice di simmetria tra i due arti si riferisce alla differenza nella funzionalità o nella performance di un segmento corporeo rispetto all’altro ed è diventato un tema molto popolare nella ricerca in ambito sportivo negli ultimi anni.
Questo indice è spesso utilizzato in tantissimi test anche se, ciò che ancora non sembra chiaro, è quale sia il limite per considerare una differenza tra i due arti patologica e non fisiologica. Infatti, ognuno di noi mostra una differenza nelle caratteristiche morfofunzionali tra segmenti corporei contro laterali (dimensione, dominanza, forza, coordinazione ecc…) che, se rientra in un certo limite, può essere considerata fisiologica. Ma qual è questo limite?
Cosa dice la ricerca fino ad oggi:
Alcuni studi, soprattutto negli anni 90, hanno cercato di definire rispondere a questa domanda, identificando quella che è la soglia di asimmetria che, se superata, è associata a ridotta performance fisica e ad aumentato rischio di infortunio.
In un recente articolo Chris Bishop (Bishop, 2021) ci presenta un’attenta analisi della letteratura, riportando quelle che sono state le soglie più comunemente utilizzate in questo ambito ed identificando le criticità dell’utilizzo di questo parametro, offrendo soluzioni alternative con le quali può essere analizzata la simmetria tra gli arti.
Considerando gli autori che si sono interessati maggiormente nell’argomento, come Barber e Noyes, già dagli anni ’90, possiamo vedere che la soglia consigliata è di circa 85% – 90% di simmetria tra gli arti. (Noyes et al., 1991)
Questo limite è stato identificato analizzando atleti sani o infortunati (infatti è un indice molto utile per quanto riguarda il ricondizionamento fisico ed il return-to-play – RTP) durante molteplici test fisici che possono essere effettuati in monolaterale. Se consideriamo uno degli infortuni più comuni, ma anche più importanti per un atleta, come quello al crociato anteriore, vediamo che questo indice è spesso utilizzato come parametro per decidere se l’atleta è pronto o meno a tornare in campo. Possiamo ad esempio trovare l’indice di simmetria in hop-test monolaterali (single leg hop for distance o triple leg hop for distance) squat monolaterali, test di equilibrio monolaterale, ma anche test di forza isometrica o isocinetica monolaterali, test di agilità con una determinata direzione (nel quale ad un arto è richiesta maggior intervento) (Abrams et al., 2014).
Limb symmetry index: i “limiti” di questo “limite”
La domanda principale che ci dobbiamo porre però è: quali sono i limiti di questa soglia quando siamo nell’ambito del RTP? Possiamo utilizzare sempre l’85%-90% di simmetria come percentuale utile per considerare l’atleta sano? Ci sono delle criticità delle quali dobbiamo tener conto?
Per prima cosa possiamo dire che non c’è un consenso assoluto per quanto riguarda l’utilizzo esatto di una soglia di simmetria. Inoltre uno dei problemi principali riguarda la generalizzazione di questa soglia nei diversi test. Ad esempio, un indice di simmetria considerato buono per quanto riguarda un test di forza potrebbe non esserlo per quanto riguarda invece un hop test o uno squat test. Oppure potrebbe essere una soglia corretta se analizziamo alcuni parametri ma non se ne consideriamo altri.
Indice di simmetria “task specifico”
King e colleghi (King et al., 2018) hanno provato a dare una risposta a questa domanda analizzando 156 pazienti in una batteria di test monopodalici. Gli autori hanno mostrato che mentre nel single hop test for distance (SLHT) generalmente la differenza tra gli arti è era solo de 6%, la asimmetria dell’indice di reattività muscolare nel drop-jump test era di circa il 22%. In questo caso ad esempio l’hop test potrebbe sovrastimare quella che è effettivamente la funzionalità del paziente, portando ad ottimi risultati di simmetria se consideriamo la soglia come 85%-90%. In supporto a questa tesi riguardo il SLHT, Korsifaki e colleghi (Kotsifaki et al., 2020) concludono che la sola analisi della distanza durante il SLHT non è sufficiente per rilevare deficit nella funzionalità degli arti inferiori, ma altri parametri dovranno essere analizzati per ottenere dei dati sensibili e validi.
Bishop e colleghi (Bishop et al., 2019) ad esempio hanno stimato che quando parliamo di simmetria in test di forza isometrica, generalmente la differenza di forza espressa tra gli arti è del 9%, ma quando, nello stesso test, analizziamo l’impulso (che è una misura dell’espressione di forza nel tempo) la differenza aumenta fino al 15,5%. Anche nei test di salto gli autori hanno notato differenze di questo tipo: ad esempio nel counter movement jump (CMJ) monolaterale, se si analizza l’altezza di salto la differenza tra gli arti si aggira intorno al 7,5%, invece quando utilizziamo il DJ monolaterale, tale differenza aumenta fino all’11% (Bishop et al., 2019).
Quindi, possiamo dire che considerare un’unica soglia di simmetria all’interno della batteria di test, potrebbe portarci ad una stima errata dei risultati ottenuti, e che c’è quindi la necessità di utilizzare un indice di simmetria “task specifico”.
Variabilità della misurazione e influenza sulla validità del LSI: analisi proposta da Bishop (2020)
Un altro parametro che è importante considerare è il coefficiente di variabilità per ogni arto. Excell e colleghi suggeriscono infatti che l’indice di simmetria possa avere senso e quindi debba essere considerato solamente se è maggiore dell’indice di variabilità del test (intra-limb variabilty) (Exell et al., 2012).
Questo perché, se la variabilità stessa del test del singolo arto, è maggiore della asimmetria tra gli arti, la misura ottenuta e quindi il LSI, potrebbe perdere così di significato. In altri termini vuol dire che il “noise” cioè la percentuale di errore della misura stessa, è maggiore della misura di asimmetria ottenuta e quindi il nostro dato di simmetria è così “falsato” dalla variabilità del test stesso.
Analizziamo l’esempio proposto da Bishop nel suo articolo (Bishop, 2021): nel grafico sottostante sono riportate delle misure ipotetiche di 15 atleti durante un test monopodalico effettuato prima con un arto e poi con l’altro. La linea blu rappresenta la asimmetria fra gli arti. L’atleta 1 mostra poco più del 4% di asimmetria, il 2 poco più del’8% di asimmetria e così via… La linea in rosso rappresenta invece il coefficiente di variabilità di quel test, cioè la “consistenza” di ogni misurazione. Più i risultati ottenuti nello stesso test con lo stesso arto sono diversi tra loro nelle differenti prove, più l’indice di variabilità aumenta.
Considerando i 15 atleti, seguendo il suggerimento di Excell, analizzare il LSI negli atleti 3,4,7,11,12 e 15 non avrebbe senso, perché in questo caso la variabilità (e quindi la misura dell’incertezza di quel test) è maggiore del risultato ottenuto (cioè la differenza tra i due arti). In questo caso quindi considerare il LSI come parametro per prendere delle decisioni su quegli atleti perde di significato.
Variabilità della misurazione e influenza sulla validità del LSI: analisi proposta da Bishop (2020)
Un altro parametro che è importante considerare è il coefficiente di variabilità per ogni arto. Excell e colleghi suggeriscono infatti che l’indice di simmetria possa avere senso e quindi debba essere considerato solamente se è maggiore dell’indice di variabilità del test (intra-limb variabilty) (Exell et al., 2012).
Questo perché, se la variabilità stessa del test del singolo arto, è maggiore della asimmetria tra gli arti, la misura ottenuta e quindi il LSI, potrebbe perdere così di significato. In altri termini vuol dire che il “noise” cioè la percentuale di errore della misura stessa, è maggiore della misura di asimmetria ottenuta e quindi il nostro dato di simmetria è così “falsato” dalla variabilità del test stesso.
Analizziamo l’esempio proposto da Bishop nel suo articolo (Bishop, 2021): nel grafico sottostante sono riportate delle misure ipotetiche di 15 atleti durante un test monopodalico effettuato prima con un arto e poi con l’altro. La linea blu rappresenta la asimmetria fra gli arti. L’atleta 1 mostra poco più del 4% di asimmetria, il 2 poco più del’8% di asimmetria e così via… La linea in rosso rappresenta invece il coefficiente di variabilità di quel test, cioè la “consistenza” di ogni misurazione. Più i risultati ottenuti nello stesso test con lo stesso arto sono diversi tra loro nelle differenti prove, più l’indice di variabilità aumenta.
Considerando i 15 atleti, seguendo il suggerimento di Excell, analizzare il LSI negli atleti 3,4,7,11,12 e 15 non avrebbe senso, perché in questo caso la variabilità (e quindi la misura dell’incertezza di quel test) è maggiore del risultato ottenuto (cioè la differenza tra i due arti). In questo caso quindi considerare il LSI come parametro per prendere delle decisioni su quegli atleti perde di significato.
È quindi importante, come suggerisce Bishop in questo esempio, considerare insieme al LSI anche il coefficiente di variabilità del test, perché ci aiuta ad interpretare i risultati ottenuti e a prendere decisioni basate su risultati che hanno effettivamente un significato ed escludere quelli che non lo hanno.
Direzione della simmetria: altro parametro da prendere in considerazione
Insieme al coefficiente di variabilità, un altro parametro da considerare, soprattutto se analizziamo l’andamento del l’LSI nel tempo è la direzione della simmetria. Questo parametro identifica l’arto che tra i due è associato a performance migliori rispetto all’altro. Infatti, utilizzare solamente il LSI, che è un dato in percentuale (%) e sempre positivo, non ci permette di avere informazioni rispetto a quale dei due arti ha eseguito una performance migliore. Ad esempio, se analizziamo un atleta in due tempi differenti con lo stesso test e vediamo che il LSI è in entrambe le misurazioni = 90% possiamo avere un caso in cui lo stesso arto è stato migliore dell’altro nei due test (ad esempio l’arto dominante) oppure il caso in cui l’arto che, in un primo test risultava essere migliore, ha peggiorato la sua performance. In questo secondo caso avremo sempre un LSI =90% ma ci sarà stato un netto peggioramento dell’arto che prima risultava essere più forte. Quindi, considerare anche la direzione della simmetria, assume un significato importante per comprendere la coerenza dei risultati ottenuti nel tempo e vedere se c’è stata qualche inversione di dominanza tra gli arti.
Già Impellizzeri e colleghi (Impellizzeri et al., 2007) e Maloney (Maloney, 2019) si erano soffermati sull’importanza di considerare questo parametro per una miglior interpretazione dei risultati e Bishop, in questo articolo, propone l’inserimento della direzione della simmetria nell’esempio grafico dei 15 atleti che abbiamo già visto per quanto riguarda il coefficiente di variabilità.
Nella rappresentazione grafica proposta, i dati di simmetria (rettangoli blu) sono riportati al di sopra o al di sotto di una linea orizzontale, che identifica la totale simmetria tra gli arti. La lunghezza del rettangolo rappresenta la percentuale di asimmetria e la direzione del rettangolo (verso l’altro o verso il basso) identifica la direzione della simmetria. Un rettangolo nel quadrante superiore indica un dato di simmetria a favore dell’arto destro (score dx > score sx) invece un rettangolo che si proietta verso il basso indica un indice di simmetria a favore dell’arto sinistro (score sx > score dx).
Un simbolo che è stato utilizzato per quantificare questa “coerenza” nella direzione è l’indice “Kappa”, che è una misura che individua quanta consistenza esiste tra gli arti tra i diversi protocolli di test (per ulteriori informazioni consultare l’articolo di Bishop). Questo dato ad esempio può essere molto interessante quando siamo in ambito RTP, perché considerare solamente l’indice di simmetria non può darci informazioni rispetto alla dominanza dell’arto, che è invece un parametro importante per comprendere se il nostro atleta ha recuperato a pieno la sua forma fisica. Esempio: consideriamo un atleta che aveva un 90% di LSI a favore dell’arto destro prima di un infortunio a quest’arto e che nella fase di RTP ottiene un LSI del 90%; dobbiamo considerare che anche se il LSI è tornato ai livelli pre infortunio sarà necessario conoscere la direzione della simmetria per poter essere certi del recupero effettivo all’arto destro. Infatti l’atleta potrebbe ottenere un LSI=90% anche solamente avvicinandosi ai valori dell’arto sinistro, ma rimanendo comunque in deficit rispetto ai suoi valori pre infortunio.
Conclusioni e punti chiave:
Dall’analisi di Bishop possiamo quindi riassumere qui alcuni punti chiave utili per guidarci nell’utilizzo di questo importante parametro:
Il LSI presenta alcune criticità che devono essere tenute in considerazione quando testiamo i nostri atleti
Test diversi o parametri diversi analizzati hanno soglie diverse di simmetria
È necessario considerare anche l’indice di variabilità
È necessario analizzare anche la direzione della asimmetria (quale arto ha eseguito meglio il test?)
Bibliografia
Abrams, G. D., Harris, J. D., Gupta, A. K., Mccormick, F. M., Bush-joseph, C. A., Verma, N. N., Cole, B. J., & Bach, B. R. J. (2014). Functional Performance Testing After Anterior Cruciate Ligament Reconstruction A Systematic Review. The Orthopaedic Journal of Sports Medicine, 2(1), 2325967113518305. https://doi.org/10.1177/2325967113518305
Bishop, C. (2021). Interlimb Asymmetries: Are Thresholds a Usable Concept? Strength & Conditioning Journal, 43(1), 32–36. https://doi.org/10.1519/ssc.0000000000000554
Bishop, C., Read, P., Chavda, S., Jarvis, P., & Turner, A. (2019). Using unilateral strength, power and reactive strength tests to detect the magnitude and direction of asymmetry: A test-retest design. Sports, 7(3). https://doi.org/10.3390/sports7030058
Exell, T. A., Irwin, G., Gittoes, M. J. R., & Kerwin, D. G. (2012). Implications of intra-limb variability on asymmetry analyses. Journal of Sports Sciences, 30(4), 403–409. https://doi.org/10.1080/02640414.2011.647047
Impellizzeri, F., Rampinini, E., Maffiuletti, N., & Marcora, S. (2007). A Vertical Jump Force Test for Assessing Bilateral Strength Asymmetry in Athletes. MEDICINE & SCIENCE IN SPORTS & EXERCISE®, 39(11), 2044–2050. https://doi.org/10.1249/mss.0b013e31814fb55c
King, E., Richter, C., Franklyn-Miller, A., Daniels, K., Wadey, R., Moran, R., & Strike, S. (2018). Whole-body biomechanical differences between limbs exist 9 months after ACL reconstruction across jump/landing tasks. Scandinavian Journal of Medicine and Science in Sports, 28(12), 2567–2578. https://doi.org/10.1111/sms.13259
Kotsifaki, A., Korakakis, V., Whiteley, R., Van Rossom, S., & Jonkers, I. (2020). Measuring only hop distance during single leg hop testing is insufficient to detect deficits in knee function after ACL reconstruction: A systematic review and meta-analysis. British Journal of Sports Medicine, 54(3), 139–153. https://doi.org/10.1136/bjsports-2018-099918
Maloney, S. (2019). The Relationship Between Asymmetry and Athletic Performance : A Critical review. Journal of Strength and Conditioning Research, 33(9), 2579–2593. https://doi.org/10.1519/JSC.0000000000002608
Noyes, F. R., Barber, S. D., & Mangine, R. E. (1991). Abnormal lower limb symmetry determined by function hop tests after anterior cruciate ligament rupture. American Journal of Sports Medicine, 19(5), 513–518. https://doi.org/10.1177/036354659101900518
Chinesiologa, laureata in Scienze Motorie e Sportive e specializzata in “Health and Physical Activity” presso l’Università Foro Italico di Roma. Ha successivamente completato un Master in “Scienze e Tecnologie di Alta Specializzazione i Riabilitazione, exercise, testing and research in rehabilitation medicine” presso l’Università di Pisa. Durante i suoi studi colleziona esperienze di ricerca presso atenei internazionali, perfezionandosi nel campo della riatletizzazione e Return-to-play. Dal 2012 é responsabile tecnico del settore ginnastica artistica dell’A.S.D Ginnastica Roma Aurelio
Attualmente è tutor disciplinare delle materie in ambito anatomo-fisiologico e biomeccanico-traumatologico della facoltà di Scienze Motorie dell’Università Niccolò Cusano.