Tendinopatie dell’arto inferiore: un problema da non sottovalutare
Gli infortuni più comuni, che avvengono negli sport di squadra nei quali sono spesso presenti rapide azioni di salti o accelerazioni/decelerazioni, sono quelli agli arti inferiori. Non solo eventi traumatici possono essere tra le cause di infortunio, ma anche patologie da sovraccarico, che insorgono con il tempo e che vengono causate da continui stress ad un distretto anatomico o muscolo-tendineo.
La tendinopatia rotulea è una delle problematiche da sovraccarico (o anche chiamata da “overuse”) più comuni in quegli sport che richiedono la produzione di forza rapida in poco tempo (Helland et al. 2013). Nel calcio, ad esempio, questa raggiunge un’incidenza annuale di circa un terzo degli infortuni da sovraccarico totali e può portare a lunghi periodi di stop per gli atleti con conseguente assenza dalle competizioni sportive. Un altro infortunio da sovraccarico che interessa un distretto anatomico muscolo-tendineo molto comune negli sport come il calcio, è quello al tendine d’Achille che nel 96% degli infortuni è associato a tendinopatie (Cristi-Sánchez et al. 2019).
La presenza di tendinopatie, se non risolta nel tempo, può portare a degenerazione tissutale e lesioni parziali o totali (rotture) dei tendini, con conseguenze a volte molto gravi e che comportano per alcuni atleti la fine della loro carriera. Diventa quindi di primaria importanza valutare la salute dei nostri tendini, soprattutto degli arti inferiori, prima che il sovraccarico tendineo nel tempo possa portare ad un infortunio di grave entità.
Perché i tendini degli arti inferiori hanno un ruolo fondamentale nelle azioni pliometriche?
La funzione principale dei tendini è quella di trasmettere la forza prodotta dai muscoli alle altre strutture dell’apparato locomotore, riuscendo ad immagazzinare e rilasciare energia elastica. Questo processo, chiamato “stretch-shortening cycle” (SSC), o ciclo di allungamento-accorciamento, è uno dei meccanismi principali che permette di ridurre l’energia utilizzata in un determinato movimento, come ad esempio un salto o una corsa, con conseguente economia del gesto tecnico. Questo processo è caratterizzato da una fase di allungamento del tendine, nella quale il muscolo si contrae eccentricamente (stretch) seguita rapidamente da una fase concentrica (shortening) in cui l’energia elastica viene sprigionata ed utilizzata sotto forma di lavoro (Rubio-Peirotén et al. 2021). Pensiamo ad esempio ad un’azione comune a moltissimi sport, come quella della corsa: la corsa non è altro che una continua alternata azione pliometrica dei due arti inferiori che, impattando al suolo, utilizzano lo SSC dei tendini per ridurre il tempo di contatto. Questo fa sì che ogni impatto sia subito seguito da un’azione propulsiva che sfrutta anche i riflessi dei tendini degli arti inferiori, oltre al riflesso da stiramento muscolare. In una corsa ad alta velocità, dove il tempo di contatto con il suolo si riduce, vi è contributo ancora più grande da parte dei tendini (soprattutto del tendine d’Achille) nell’immagazzinare e restituire energia elastica nel minor tempo possibile. Per questo motivo, avere delle strutture tendinee in salute e in grado di svolgere il loro compito, è di estrema importanza non solo in campo preventivo, per evitare eventuali infortuni da sovraccarico, ma anche per il miglioramento della performance stessa.Come possiamo analizzare lo stato di salute dei tendini e la loro funzionalità?
Uno degli strumenti più utilizzati nella ricerca in questo campo per poter analizzare lo stato di salute tendineo e le caratteristiche morfologiche di tale struttura (area di sezione trasversa, spessore, elasticità tissutale) è l’ecografia che utilizza ultrasuoni per la trasmissione delle informazioni (Coombes et al. 2018; Abdelsattar et al. 2018; Arya e Kulig 2010). Attraverso l’analisi ecografica o l’utilizzo di altri strumenti clinici, possiamo avere informazioni rispetto alla cross sectional area (CSA) e ad alcune proprietà strutturali dei tendini analizzati, come il modulo di elasticità o la stiffness, che esprimono la relazione tra la forza esercitata sul tendine ed il suo grado di deformazione/allungamento (Kubo et al. 1999).
Nella pratica sportiva è però necessario trovare dei test da campo, più rapidi e di facile utilizzo, che siano in grado di darci informazioni sullo stato di salute funzionale dei tendini, poiché eseguire un’analisi di immagini richiederebbe maggiori risorse sia in termini di tempo che di costi per società e atleti. Inoltre non è chiaro quale sia la relazione tra la morfologia di un tendine e la sua funzionalità. Per meglio comprendere questo concetto vi porto un esempio: tutti noi sappiamo che esiste una correlazione positiva tra l’area di sezione trasversa muscolare (che rappresenta il volume di sarcomeri in parallelo) ed il grado di tensione che può generare quel muscolo. Ovviamente esistono variazioni individuali ma, generalizzando, possiamo dire che maggiore sarà la CSA di un muscolo, più forte sarà quel muscolo. Se parliamo di muscoli possiamo andare poi a studiare la loro funzionalità attraverso test di forza di vario tipo e verificheremo probabilmente quanto detto sopra.
Possiamo affermare la stessa cosa dei tendini? Quali test utilizzeremo per analizzare la loro funzionalità? Alla prima domanda la risposta è: ad oggi ancora no. Infatti non è ben chiara quale sia la relazione che esiste tra la CSA tendinea e la loro funzionalità. Per la seconda domanda a seguire vengono riportati alcuni esempi dalla letteratura. Alcuni autori, negli ultimi anni, hanno provato a dare una risposta a queste domande studiando la morfologia dei tendini principali degli arti inferiori, associandola ad alcuni comuni test di salto. Helland e colleghi (2013) hanno studiato le caratteristiche morfologiche del tendine rotuleo in associazione alla performance in test di salto, quali squat jump (SJ) e squat jump con contromovimento (CMJ) in un gruppo di atleti d’elite con tendinopatia rotulea e in un gruppo di controllo. In tale studio si è notato che gli atleti con tendinopatia rotulea mostrano tendini meno rigidi, con una maggior area di sezione trasversa (CSA) e con minor modulo elastico (modulo di Young), con conseguente deformazione maggiore a parità di tensione, rispetto al gruppo di controllo. Risultati simili erano già stati ottenuti in precedenza anche in soggetti con tendinopatia achillea (Arya e Kulig 2010). Teoricamente, una CSA maggiore porterebbe farci pensare ad un maggior grado di stiffness se la composizione del tessuto fosse la stessa, invece gli autori hanno notato un notevole disordine tissutale del collagene e la presenza di aree ipoecogene, che riflette un aumento della sostanza fondamentale. Questo vuol dire che le proprietà strutturali e meccaniche del tendine sono compromesse.
Nonostante le caratteristiche morfologiche alterate, i due gruppi di atleti non mostrano però differenze significative nell’altezza dei salti (immagine a destra), che gli autori ipotizzano non essere infatti un fattore correlato alla tendinopatia rotulea, come riportato anche da Lian e colleghi (2003).
(Immagine riadattata da Helland et al. 2013)
Il dato interessante, confrontando i due gruppi, si può apprezzare invece analizzando la differenza nella performance dei due test (altezza CMJ meno altezza SJ – vedi tabella). In maniera sorprendente e con quello che gli autori chiamano il “the jumper’s knee paradox”, gli atleti con tendinopatia rotulea ottengono risultati migliori nel CMJ, e una maggior differenza con le altezze raggiunte nello SJ. Il fatto che atleti con tendinopatia riescano a migliorare la loro performance utilizzando il contromovimento, rispetto al semplice SJ, ci spinge a pensare che paradossalmente questo gruppo abbia una miglior capacità di utilizzo dello SSC rispetto al gruppo di atleti di controllo. Gli autori ipotizzano anche che questo link causale possa essere dato dal fatto che atleti che mostrano performance di salto maggiori durante la pratica sportiva, siano quelli generalmente più a rischio di sviluppare tendinopatie (Helland et al. 2013). Ma cosa accade quando viene utilizzato un test che richiede un intervento ancora maggiore dei tendini come ad esempio il drop jump?
Il drop jump (DJ) è infatti un salto con contromovimento che però è preceduto da una “caduta” da una certa altezza (normalmente 30/40 cm), nel quale l’atleta deve cercare di eseguire un salto ad altezza massimale il più velocemente possibile dopo l’atterraggio al suolo con entrambi i piedi. Un test del genere, rispetto allo SJ o al CMJ, è infatti più simile a ciò che avviene nella pratica sportiva, poiché gran parte delle azioni di salto non vengono eseguite partendo a contatto con il suolo e in posizione statica ma arrivando da una certa altezza e con una certa velocità di atterraggio (se pensiamo ad esempio all’azione classica della corsa, anche se in monopodalico, è un’azione di “caduta” da una certa altezza, cioè quella della fase di swing dell’arto inferiore, seguita subito dopo da una fase propulsiva).
Alcuni autori (Rubio-Peirotén et al. 2021) hanno analizzato la correlazione tra la morfologia del tessuto tendineo (tendine rotuleo e d’Achille) e la performance durante il drop jump in soggetti non professionisti che praticano la corsa. Gli autori hanno visto che esiste una correlazione negativa tra la CSA del tendine rotuleo e l’indice di reattività muscolare (RSI – reactive strength index: rapporto tra tempo di volo/tempo di contatto al suolo) che riflette l’abilità di passare velocemente dalla contrazione eccentrica a quella concentrica durante il DJ. Questo vorrebbe dire che atleti con CSA tendinea maggiore, non riescono ad ottimizzare il tempo di contatto al suolo in movimenti pliometrici, che è un fattore importante nella performance di salto. Ad ogni modo, non è escluso che la correlazione osservata, sia dipesa in misura maggiore dall’azione del tendine d’Achille, che influenza in misura maggiore l’indice di reattività al suolo data la sua posizione anatomica ed il tipo di test. Infatti, avere un tendine d’Achille più rigido, (maggior stiffness) è stato correlato ad un minor tempo di contatto al suolo durante il drop jump test (Abdelsattar et al. 2018) che può essere un fattore molto vantaggioso in quegli sport come la ginnastica, il basket e il calcio, nei quali il tempo di contatto al suolo è minimizzato in favore della potenza ed esplosività del gesto. Questo vuol dire che, in un movimento come il DJ, il carico maggiore non sarà sull’articolazione del ginocchio, comunque sollecitata, ma a carico dell’articolazione della caviglia, con conseguente maggiore stress sul tendine d’Achille. Quindi in realtà dovremmo sempre chiederci se il test che utilizziamo sia quello più indicato per l’analisi che stiamo facendo.
In conclusione:
Alla luce di quanto descritto, possiamo affermare che la misura nella quale la CSA dei tendini rotuleo e d’Achille sia un fattore correlato o meno alla comparsa di tendinopatie e/o con una miglior performance nei test di salto, non è ad oggi ancora chiaro. Se infatti da una parte si associa una maggior CSA ad un fattore vantaggioso per la performance sportiva, la stessa è stata anche correlata alla presenza di tendinopatie. Inoltre il ruolo della stiffness muscolo-tendinea nella protezione dagli infortuni in movimenti di questo tipo, è ampio oggetto di dibattito. Infatti, se da un lato una maggior stiffness è correlata ad una miglior performance sportiva, data da una maggior capacità di trasmissione della forza durante la contrazione muscolare (Bojsen-Møller et al. 2005; Cristi-Sánchez et al. 2019), dall’altra parte un tendine più elastico è in grado di assorbire energia ed avere un effetto protettivo per la struttura muscolo-scheletrica, diventando così un fattore associato al minor rischio di infortunio (Witvrouw et al. 2007).Cosa possiamo portarci dietro da questa analisi?
- In primo luogo la consapevolezza che CSA tendinea maggiore non indica necessariamente un tendine più forte, ma la correlazione tra i due fattori non è ancora chiara. La qualità del tessuto infatti potrebbe comunque essere compromessa, nonostante l’area di sezione trasversa sia nel range di normalità o maggiore.
- In secondo luogo il fatto che atleti che saltano più in alto non è detto che siano atleti con tendini in salute. Quindi, nella batteria di test che utilizzeremo per analizzare lo stato di funzionalità tendinea degli arti inferiori, non potremmo utilizzare l’altezza di salto come unico parametro. Possiamo infatti integrare la nostra analisi studiando l’indice di reattività al suolo, che è un modo semplice per poter vedere quanto il nostro atleta riesce ad utilizzare lo SSC velocizzando il tempo di contrazione eccentrica-concentrica (o allungamento-accorciamento).
- Possiamo poi considerare di distinguere il test che utilizziamo rispetto al tipo di tendine che analizziamo: il drop jump con poco grado di piegamento del ginocchio ma grande richiesta di lavoro sulla caviglia ci darà informazioni maggiori sul tendine d’Achille, poiché più sollecitato. Invece un test con angolo di piegamento maggiore al ginocchio (come ad esempio il depth jump) potrebbe essere più indicato per ottenere informazioni sullo stato di salute funzionale del tendine rotuleo, che è maggiormente sollecitato in un’azione di questo tipo.
- Dobbiamo poi sempre considerale la storia clinica individuale di ogni atleta, poiché altri parametri, non considerati in questo articolo, entrano in gioco dopo un infortunio e nella fase di rientro in campo.
Sicuramente più avanti potremo avere maggiori informazioni rispetto all’argomento, ma ad oggi la ricerca non è ancora in grado di darci dei dati precisi. Rimane comunque importante cercare di trovare un modo, seppur non diretto, di analizzare la funzionalità tendinea durante la performance sportiva, poiché, se ci pensiamo bene, quasi tutti gli sport e giochi sportivi prevedono l’utilizzo degli arti inferiori durante azioni di salto o movimenti pliometrici. Come abbiamo visto la stessa corsa lo è, ed è quindi importante domandarci quale sia lo stato di salute dei tendini dei nostri atleti e porre la massima attenzione quando si avvertono problemi a questi distretti poiché, da ciò che abbiamo visto, un atleta con un’ottima performance nei test di salto non sempre corrisponde ad un atleta i quali tendini sono in ottima salute.Bibliografia
- Abdelsattar, M., Konrad, A., & Tilp, M. (2018). Relationship between Achilles tendon stiffness and ground contact time during drop jumps. Journal of sports science & medicine, 17(2), 223
- Arya, S., & Kulig, K. (2010). Tendinopathy alters mechanical and material properties of the Achilles tendon. Journal of applied physiology, 108(3), 670-675.
- Bojsen-Møller, J., Magnusson, S. P., Rasmussen, L. R., Kjaer, M., & Aagaard, P. (2005). Muscle performance during maximal isometric and dynamic contractions is influenced by the stiffness of the tendinous structures. Journal of applied physiology, 99(3), 986-994.
- Coombes, B. K., Tucker, K., Vicenzino, B., Vuvan, V., Mellor, R., Heales, L., … & Hug, F. (2018). Achilles and patellar tendinopathy display opposite changes in elastic properties: a shear wave elastography study. Scandinavian journal of medicine & science in sports, 28(3), 1201-1208.
- Cristi-Sánchez, I., Danes-Daetz, C., Neira, A., Ferrada, W., Yáñez Díaz, R., & Silvestre Aguirre, R. (2019). Patellar and Achilles tendon stiffness in elite soccer players assessed using myotonometric measurements. Sports health, 11(2), 157-162.
- Helland, C., Bojsen-Møller, J., Raastad, T., Seynnes, O. R., Moltubakk, M. M., Jakobsen, V., & Bahr, R. (2013). Mechanical properties of the patellar tendon in elite volleyball players with and without patellar tendinopathy. British journal of sports medicine, 47(13), 862-868.
- Kubo K., Kawakami Y., Fukunaga T. (1999). Influence of elastic properties of tendon structures on jump performance in humans. Journal of Applied Physiology, 87(6):2090-6.
- Lian, Ø., Refsnes, P. E., Engebretsen, L., & Bahr, R. (2003). Performance characteristics of volleyball players with patellar tendinopathy. The American journal of sports medicine, 31(3), 408-413.
- Rubio-Peirotén, A., García-Pinillos, F., Jaén-Carrillo, D., Cartón-Llorente, A., & Roche-Seruendo, L. E. (2021). Is there a relationship between the morphology of connective tissue and reactivity during a drop jump? Influence of sex and athletic performance level. International journal of environmental research and public health, 18(4), 1969.
- Witvrouw, E., Mahieu, N., Roosen, P., & McNair, P. (2007). The role of stretching in tendon injuries. British journal of sports medicine, 41(4), 224-226.
Chinesiologa, laureata in Scienze Motorie e Sportive e specializzata in “Health and Physical Activity” presso l’Università Foro Italico di Roma. Ha successivamente completato un Master in “Scienze e Tecnologie di Alta Specializzazione i Riabilitazione, exercise, testing and research in rehabilitation medicine” presso l’Università di Pisa. Durante i suoi studi colleziona esperienze di ricerca presso atenei internazionali, perfezionandosi nel campo della riatletizzazione e Return-to-play. Dal 2012 é responsabile tecnico del settore ginnastica artistica dell’A.S.D Ginnastica Roma Aurelio
Attualmente è tutor disciplinare delle materie in ambito anatomo-fisiologico e biomeccanico-traumatologico della facoltà di Scienze Motorie dell’Università Niccolò Cusano.